Ecco qui la domanda che mi fecero: “Sei un insegnante di scuola. Improvvisamente entra un pazzo con un lanciafiamme in classe e vuole uccidere tutti i bambini. Casualmente hai un mattone sul tuo tavolo che puoi lanciare in testa al malvivente per ucciderlo e salvare così i bambini. Cosa fai?” Mi misi a ridere perché era esattamente quella domanda che conoscevo. Non volevo però piegarmi a quel patetico teatrino e così il mio orgoglio mi fece rispondere in modo sbagliato. Dissi che non volevo fare il soldato per non trovarmi in situazioni dove si doveva prendere decisioni in contrasto con i propri valori etici. Giustamente mi spiegarono che ero un’immaturo e che il servizio militare mi avrebbe aiutato a prendere le decisioni giuste nella vita. Avrei dovuto rispondere così: “Mi butto in ginocchio davanti al malfattore, pregandolo di uccidere me al posto dei bambini.” Uno così ovviamente non è adatto a fare il soldato. Loro non sapevano che ero andato solo al processo per verificare se quelle barzellette fossero vere. Volevo verificare. Quella mattina avevo già in tasca il biglietto aereo per Berlino, pagato dallo Zio.
Gli studiosi di antropologia affermano che la capacità ad uccidersi tra loro, in modo disciplinato e senza scrupoli, è la caratteristica che differisce l’uomo maggiormente dagli animali. È stato proprio questo l’impulso evolutivo che ha reso l’uomo superiore alla bestia. Anche gli animali della stessa specie a volte si uccidono tra loro, ma lo fanno in modo animalesco e inconsapevole. Gli uomini invece ci aggiungono la ragione. Siamo uomini perché abbiamo saputo istituzionalizzare i nostri istinti. La storia dell’uomo dai tempi preistorici è sempre stata una storia di guerre.
La guerra è un’arte nobile e quando l’uomo non riesce a soddisfare i suoi bisogni basilari come sesso e cibo, gli viene istintivamente la voglia di esercitarsi in quest’arte. Ho letto da poco un libro di Goethe, l’esponente più illustre dell’umanesimo illuminato: Un barone, perso dietro ad un amore impossibile per una bella fanciulla, cerca di purificarsi partendo per la guerra. Rischia la vita tutti i giorni e conquista grandi onori militari. Il tutto pensando continuamente al suo grande amore struggente che non potrà essere vissuto. Infine torna a casa e per completare la tragedia i due protagonisti muoiono per lo strazio e per il desiderio. Ecco qui tutto il romantiscismo tedesco.Quando l’uomo indossa una divisa si trasforma. Non è più un’individuo con la sua personale coscienza, ma automaticamente assume la coscienza di gruppo. Non è più responsabile per le sue azioni e questo è un grande sollievo quando si deve uccidere. Ci sarà sempre qualcuno, lassù in alto e molto lontano che decide per lui. È un modo pratico di dividere le competenze. Chi decide non vede il sangue e chi uccide fa solo il suo dovere. Se un privato cittadino uccide diventa un assassino, se invece indossa una divisa, facilmente sarà chiamato eroe. Per questo mi fanno paura le divise, non tanto quelle dei pompieri o degli infermieri, visto che in quel caso servono anche per distinguerli, ma quelle dei militari, specialmente nei tempi di pace, quando li vedo che mostrano fieri tutte quelle spille e gingilli che si appendono sul petto per essere più importanti. Pare che quell’atteggiarsi da galletti preistorici funziona anche ai tempi nostri e che il fascino della divisa fa ancora colpo su certe femmine.
Qui a Grosseto l’esercito, il più importante datore di lavoro, gestisce un grande aeroporto militare. Li vediamo sempre volare sopra le nostre teste quando giocano a fare la guerra con i loro costosi e rumorosi mostri. Godono di molto apprezzamento nella popolazione. I piloti si atteggiano come divi del cinema sul genere Top Gun e gli altri sono invidiati per quel privilegiato posto di lavoro. Anche se la paga non è un granché fanno comunque parte di quell’esercito di pubblici dipendenti dai mille privilegi.