Servono per creare sistemi di valori di appartenenza, senza i quali nessuna società potrebbe funzionare. Per millenni questo sistema funzionava benissimo in regime di monopolio. Il progresso del sapere ha però pian piano eroso le basi religiose che si fondavano su un dio creatore onnipotente, mettendo l’uomo stesso al suo posto. Iniziarono a cadere regni e feudi all’insegna della rivoluzione umanistica. Prima combattevano il plebei contro i nobili, poi i proletari contro i capitalisti e infine i progressisti contro i conservatori, ovvero la sinistra contro la destra.
Conosco molte storie di questo genere a partire da Siddharta e Gesù, ma non ho mai incontrato un ricco che si sia spogliato di tutti i beni per vivere in modo povero e semplice. All’inizio della mia carriera, quando ero un giovane imprenditore nel campo pubblicitario e miravo ancora a raggiungere grandi traguardi economici, dietro c’era però il sogno di vivere come asceta in una capanna. Immaginavo di aver assicurato un futuro adagiato e confortevole alla mia famiglia. Avrei allora lasciato tutto alle spalle in cerca di una vita spirituale e di meditazione. Quaranta anni fa realizzai una delle mie prime storie illustrate, Brain Ticket, che raccontava proprio questa storia. Purtroppo non ho mai raggiunto quella ricchezza che volevo abbandonare. Essere povero e dire che fosse la migliore condizione di vita, mi sembrava ipocrita, un’esclamazione troppo facile che nessuno avrebbe creduto. Continuai, perciò, a fare come tutti, lavorare per migliorare la propria posizione. Non posso certo lamentarmi dei traguardi raggiunti, ma dentro rimane l’insofferenza di quel sogno incompiuto. Possedere le cose e occuparsi del bene materiale dei propri cari non è solo un piacere, ma anche una schiavitù, della quale probabilmente non riuscirò mai a liberarmi.