14 gennaio 2024
Zero globalizzazione
Devo ammetterlo, sono stato un appassionato sostenitore della globalizzazione. Credevo che il futuro avrebbe portato benessere e condivisione in ogni angolo del mondo.
Altogether now
Voglio abbracciare tutti gli otto miliardi di abitanti su questa terra e per riuscirci serve astrazione. Nel disegno siamo in otto e ogni figura rappresenta un miliardo di persone. Io poso per l'Europa che oggi conta settecento milioni, poco meno del dieci percento e che tra 30 anni conterà il cinque. La maggioranza dell'umanità è composta da giovani, a parte quelli del vecchio continente (noi). Vedete due indiani e due cinesi nonché una ragazza indonesiana che rappresenta il resto dell'Asia insieme all'America. Gli Africani sono ancora piccoli, ma crescono molto veloce e sempre tra 30 anni la sola Nigeria vanterà una popolazione superiore all'Europa intera.
Mi viene la domanda, chi deve contare di più in quel nuovo mondo?
La risposta è semplice, i giovani ovviamente.
In famiglia e tra gli amici mi hanno sempre criticato aspramente come ingenuo sognatore. Essere contrario alla globalizzazione ha poco senso visto che è irreversibile e ne facciamo tutti parte integrante, è un fenomeno globale, appunto. Se volete dare un significato positivo alla parola, chiamatela pure "connessione".
Tutto iniziò almeno centomila anni fa quando l'uomo iniziò a occupare i continenti. La storia dell'umanità è quella della globalizzazione e chi vuole essere estraneo, dovrebbe tornare indietro a un'economia medievale, dove per mancanza di accessibilità tutto era "local". La globalizzazione è un processo evolutivo naturale che produce ricchezza dove prima c'era miseria, ma crea anche sfruttamento e degrado perché sposta le produzioni dalle zone di alto valore verso quelle a basso costo. È sempre stato così, ma ora tutto questo accade con una velocità sbalorditiva rispetto ai tempi pre-digitali. Possiamo combattere i fenomeni negativi. Basterebbe calcolare le tasse sui prodotti in misura dell'impronta ecologica e etica. Queste devono essere però applicate a livello globale, dove purtroppo non esiste la minima condivisione su come agire. Se è difficile seguire una politica sostenibile a livello locale, diventa un'utopia a livello mondiale, dove ogni attore guarda solamente al proprio tornaconto a breve raggio. Tutti abbiamo un popolino affamato che bussa alle porte. Il genere umano nell'insieme non dimostra grande intelligenza. Mettiamoci allora l'anima in pace, la globalizzazione ci piace. Tanto non saremo noi quelli che devono pagare il prezzo per intero di quello che consumiamo.